DIARIO DEL CAMPO DI ISOLA CAPO RIZZUTO
Domenica 23 luglio 2017
Siamo partiti alle ore 6:20 dall’aeroporto di Orio al Serio e siamo atterrati alle ore 8 a Lamezia Terme. Siamo un gruppo formato da 13 femmine e un solo maschio e proveniamo da tre scuole superiori del Centro di promozione della legalità di Lecco: Parini, Bertacchi e Agnesi. La nostra capogruppo, Marta, ha solo 18 anni, ha frequentato la quarta liceo scientifico ed è una ragazza davvero in gamba, con all’attivo tante esperienze di volontariato e compiti di responsabilità, come quello di vicepresidente della Consulta studentesca di Lecco.
Dopo una colazione al bar, con il pullman e accompagnati dalla professoressa Greco che ci darà supporto in loco, partiamo per Isola di Capo Rizzuto, luogo dove si trova la villa sequestrata alla famiglia Arena e ora struttura ospitante i ragazzi del campo di “E!state liberi” .
È domenica. Di fatto il campo inizierà ufficialmente domani, ma noi siamo arrivati con un giorno di anticipo e oggi ci godremo una giornata di mare. Sarà l’occasione per conoscerci meglio e per amalgamarci come gruppo, dal momento che molti di noi non si conoscono. Ci siamo sì visti nell’aula Puglisi del Parini qualche giorno fa, per gli accordi prima della partenza, ma conoscersi è un’altra cosa …
Per prima cosa incontriamo e conosciamo Umberto Ferrari, formatore e organizzatore del campo, e Domenico, uno dei soci della Cooperativa Terre Joniche. Poi ci sistemiamo in camera e andiamo in bicicletta in spiaggia. La sabbia che ci accoglie è del colore della terracotta e già molto calda, l’acqua cristallina e fresca al punto giusto. Cominciamo a prendere confidenza con il posto, a individuare un piccolo bar in cui pranzare, a fare amicizia, a tuffarci... Daniele, che fra noi è l’unico veterano del campo, ci dà delle informazioni sul posto e sull’esperienza che ci aspetta e così, poco alla volta, ci immergiamo in questa nuova realtà.
Verso le 16 torniamo al campo per una doccia rinfrescante. Dopo cena un gruppo di noi va alla scoperta della località “Le Cannella”, frazione del Comune in cui si trova la villa confiscata, mentre gli altri restano in camera a chiacchierare e a giocare a carte.
Lunedì 24 luglio 2017
La sveglia suona alle ore 7 e, dopo aver fatto colazione, verso le 8 iniziamo a lavorare nel campo della Cepa, un’ area agricola confiscata alla famiglia Arena nell’anno 2002, con Domenico e Francesco. Il lavoro è semplice: si tratta di pulire un canale utilizzato per irrigare e di ripulire dalle erbacce le zone limitrofe. Oggi giornata corta: solo due ore e mezza di lavoro... Ora ci aspetta una meritata pausa sulle splendide spiagge argillose della località Le Cannella.
Al ritorno gustiamo il delizioso pranzo preparatoci dai volontari dello SPI di Modena. Sono arrivati mentre noi eravamo al lavoro e si sono subito messi all’opera! Si vede che sono emiliani … cucinano con passione e grande abilità. Si mangia decisamente meglio dell’anno passato, quando alcuni di noi hanno fatto esperienza del campo di Lecco. Ora aspettiamo con impazienza di conoscere i 16 ragazzi di Firenze e i 2 di Lecce che condivideranno con noi l’esperienza del campo..
Alle 16 ci siamo tutti : i gruppi di Firenze e Lecce ci hanno finalmente raggiunto e siamo pronti per la prima attività pomeridiana. Ognuno di noi si presenta. Umberto, il responsabile di Libera, e Raffaella, la presidente della Cooperativa Terre Joniche, ci spiegano inizialmente come è strutturato il campo: scopriamo così in cosa consisteranno i lavori pratici a cui dovremo dedicarci e quali momenti formativi ci arricchiranno e ci faranno riflettere.
Serata … libera! Parliamo, facciamo conoscenza con i ragazzi degli altri gruppi perché si lavora meglio se si è affiatati …
Martedì 25 luglio 2017
Oggi la sveglia suona alle ore 6 ed è faticoso alzarsi quando la sera prima si è stati coinvolti in interessanti discussioni fino a tarda notte.
Dopo aver fatto colazione ci dividiamo in tre gruppi. Il primo si dedica a insaccare i ceci, il secondo raccoglie la verdura nell’orto adiacente alla villa e il terzo lavora nel campo della Cepa. Fa piuttosto caldo e il lavoro è faticoso. Alla Cepa alcuni di noi estirpano rovi ed erbacce ed altri – i più fortunati!- tolgono il fango da alcune piccole vasche posizionate lungo la circonferenza della cisterna principale. Daniele, Francesco e Giorgia fanno così una scoperta straordinaria: esistono i granchi d’acqua dolce e vivono abitualmente nelle vasche e nei canali utilizzati per l’irrigazione! Ma chi di noi, ragazzi di città, ne ha mai visto uno prima? Domenico, nello spiegarci come procedere, ci consiglia di non uccidere i piccoli crostacei, ma semplicemente di spostarli. Fosse facile! Le prime volte cerchiamo di prenderli andando per tentativi. Dopo qualche attacco difensivo da parte di questi simpatici animaletti, scopriamo che è meglio afferrali dalla parte posteriore. Le nostre dita ci ringraziano … E che fine fa il fango scavato con le pale dalle cisterne? Viene caricato su una carriola e trasportato da Daniele fino a un dislivello dove viene gettato per livellare il terreno. Per fortuna che il ragazzo frequenta regolarmente una palestra!
Nel frattempo Domenico prosegue nel lavoro già iniziato ieri di svuotamento della cisterna principale. Domani cominceremo a ripulire anch’essa dal fango. Ci guardiamo un po’ preoccupati: la quantità di fango da asportare è davvero imponente!
Verso le 10 i lavori sono sospesi causa caldo eccessivo e andiamo tutti al mare per rinfrescarci e rilassarci un po’.
Nel primo pomeriggio ci attende un po’ di tempo libero. Qualcuno ne approfitta per dormire un po’, altri giocano a carte, ascoltano musica, chiacchierano … in fondo siamo dei comuni adolescenti!
Alle 17, in salone, ci aspetta un momento impegnativo. Umberto dà avvio alla “lezione” raccontandoci un fatto realmente accaduto. A San Luca, paese dell’Aspromonte, un boss della ‘Ndrangheta scarcerato è relegato agli arresti domiciliari. Le forze dell’ordine però lo tengono d’occhio attraverso microspie; così vengono a scoprire che il mafioso riceve visite da un politico locale e da un’anziana signora del posto. Quest’ultima viene a chiedere aiuto per la figlia che studia fuori regione in un appartamento in cui si verificano infiltrazioni d’acqua piovana su cui il proprietario dell’immobile non intende intervenire. Il boss del paese offre la sua collaborazione e risolve il problema. A questo punto arrivano le prime domande: perché il mafioso spreca il suo tempo ad occuparsi di tegole sconnesse? C’è una relazione fra la visita della nonnina e quella del politico? Entriamo così in contatto con concetti quali “controllo del territorio” e “voto di scambio”, comprendendo in modo inequivocabile che tipo di rapporti esistano fra criminalità organizzata e politica. Poi un’altra provocazione: qual è lo scopo del mafioso? Il potere o il denaro? E qui ci dividiamo in due gruppi più o meno omogenei, ognuno dei quali cerca di sostenere la sua opinione, fino a quando Raffaella e Umberto ci svelano l’arcano: sono i soldi il fine dell’attività della ‘Ndrangheta, come di qualunque altra organizzazione criminale.
Ma la mafia offre anche protezione. Se paghi il pizzo, la tua attività prospera, non vai incontro ad incendi o a danni di altro genere. Tu cosa faresti? Una ragazza di Firenze sostiene che nella vita i soldi sono fondamentali, fanno la felicità e che lei, pur di avere una sicurezza dal punto di vista economico, rinuncerebbe alla sua libertà e pagherebbe, anche se questo significherebbe contribuire alla diffusione del fenomeno mafioso. Altri invece sono di parere opposto. Che bello avere l’occasione di dire apertamente quello che pensi, senza paura di essere giudicato negativamente da un professore o da un qualunque altro adulto. Il campo è anche questo: occasione per essere veramente te stesso, luogo di confronto sincero, opportunità di riflessione costruttiva e formativa.
Noi del gruppo di Lecco arriviamo a questa conclusione: la libertà è più importante del denaro ed è essa a renderci orgogliosi di noi stessi; i soldi hanno un ruolo importante nella vita, ma non sono tutto.
Al termine di questa riflessione, Raffaella ci spiega la storia del bene confiscato in cui ci troviamo; ci racconta in particolare della prima mietitura di orzo e della fatica per trovare una trebbiatrice e un trebbiatore. In paese nessuno osava farsi avanti per paura delle ritorsioni degli Arena, nonostante il lavoro fosse equamente retribuito. Alla fine la macchina è stata procurata dalla Coldiretti e per il suo conducente si è dovuto scomodare la Guardia forestale che lo ha scovato fra i suoi dipendenti in servizio nell’Italia centrale. Questa vicenda ci ha fatto capire che per raggiungere un obbiettivo bisogna affrontare numerosi ostacoli e che spesso è necessario lottare per realizzare i propri sogni.
Dopo cena vediamo un film che si intitola “Anime Nere” e che narra la toccante storia di una famiglia della Ndrangheta; di questa vicenda ci colpisce soprattutto la guerra di mafia che scoppia fra due famiglie antagoniste causando numerose vittime, ma anche lo stretto legame che si mantiene fra le cosche che si spostano al nord e quelle che restano nel meridione: il cordone ombelicale non si spezza mai!
Mercoledì 26 luglio 2017
La sveglia anche oggi suona alle 6 e come ieri , dopo la colazione, ci dividiamo in gruppi per lavorare nel campo della Cepa e nell’ orto.
Oggi la cisterna grande è finalmente vuota, dobbiamo ripulirla da quintali di fango che si sono depositati sul suo fondo estirpando anche le alghe che qui sono cresciute. Cominciamo ad organizzarci in squadre: qualcuno all’interno della vasca con le zappe preleva il fango e lo deposita nei secchi, gli altri formano una catena umana che li passerà di mano in mano fino a svuotarli del loro contenuto a fondo campo, fra i rovi. L’attività è faticosa, sia dentro che fuori la cisterna. Ben presto Alessia, che sta spalando fango e riempiendo secchi, è esausta. La sostituisce Daniele; finisce che il gruppo di spalatori diventa pressoché fisso: dentro la cisterna operano per tutta la mattina Francesco, Daniele e i due capigruppo Marta e Giovanni, coadiuvati a turno da qualche ragazzo di Firenze. Ma anche il lavoro di trasporto secchi non è una passeggiata: soprattutto le ragazze lamentano indolenzimento alle braccia … Non mancano però i risvolti simpatici e divertenti: nel fango, oltre ai granchi e alle alghe, questa volta ci sono anche rane e girini. Alice ne è terrorizzata …. L’occasione è ghiotta per qualche scherzo e Daniele non si fa sfuggire l’occasione di far sobbalzare e gridare la sua compagna di classe. Alla fine della mattinata, ormai coperti di melma dalla testa ai piedi, qualcuno comincia a lanciare fango. Ben presto si ingaggia una vera e propria battaglia fra Alessia e Nicolò. Fortuna che la doccia è ormai prossima… così come il tuffo quotidiano in mare, oggi davvero ristoratore. C’è anche chi ha ancora energie per una partita a pallavolo: beati loro!
Dopo lo squisito pranzo e qualche ora di chiacchiere, carte, riposini e sistemazione delle camere, alle 17 siamo pronti per una testimonianza molto toccante. Oggi è con noi Giovanni Gabriele, papà di Dodò, un bambino di soli 11 anni ucciso per sbaglio da Andrea Tornicchio, 20 anni, e Vincenzo Dattolo, 26, entrambi ritenuti elementi di spicco del clan Tornicchio. L'obiettivo del blitz in realtà era Gabriele Marrazzo, 35 anni, che fu ucciso sul colpo per affermare la supremazia dei Tornicchio nel quartiere Cantorato di Crotone. Nell'agguato furono sferrati più colpi di fucile. I killer, però, spararono all'impazzata, ferendo anche altre nove persone, tra le quali Domenico, che morì nell'ospedale di Catanzaro dopo tre mesi di coma.
Il papà di Domenico e il giornalista Bruno Palermo, anch’esso presente all’incontro, ci fanno riflettere sulla giovane età di Andrea Tornicchio, sul fatto che abbia frequentato pochissimo la scuola, anche negli anni dell’obbligo scolastico: sua madre, oggi in carcere per associazione mafiosa, preferiva tenerlo a casa e istruirlo personalmente, ma la sua era una scuola di violenza e sopraffazione … La riflessione si fa interessante e ci aiuta a capire quanto siano importanti per ognuno di noi e per la nostra formazione il “clima” che si respira in famiglia, l’educazione che si riceve, i principi e i valori trasmessi dai genitori …
Non abbiamo molte domande da rivolgere a Giovanni, perché non si hanno parole di fronte a un padre che ha perso prematuramente il suo unico figlio, colpevole solo di trovarsi al posto sbagliato e nel momento sbagliato; il coinvolgimento emotivo però è davvero forte: parecchi di noi hanno gli occhi lucidi, qualcuno versa qualche lacrima e tutti sentiamo un nodo in fondo alla gola …
Di sera, ci spostiamo in località Le Castella dove abbiamo un’ora e mezza a disposizione per visitare i negozietti e per ammirare il meraviglioso paesaggio notturno e il castello aragonese illuminato da centinaia di luci che si riflettono sul mare.
Alle 24 tutti a nanna per un meritato riposo.
Giovedì 27 luglio 2017
La mattinata, il pranzo e le ore della pennichella passano in modo analogo a ieri .
Alle 17, solito ritrovo in salone per il momento di formazione. Oggi è fra noi Rocco Mangiardi, un imprenditore di Lamezia Terme, che nel 2006 ha denunciato i mafiosi del clan Giampà che gli avevano chiesto di pagare il pizzo. Per prima cosa chiarisce che lui non è un collaboratore di giustizia, come spesso ed erroneamente è definito, ma un testimone di giustizia. Sappiamo qual è la differenza fra le due espressioni? No … e allora, con pazienza, ci spiega. Poi comincia a raccontarci la sua storia. Rocco ha un’attività commerciale, un magazzino di autoricambi in via del Progresso, il cuore economico della città. Un giorno esponenti di un clan locale della ‘Ndrangheta, dopo qualche segnale anticipatore, si presentarono da lui chiedendo 1200 euro al mese: avrebbe così scongiurato incendi o altri danni e ottenuto protezione. Rocco fu ben presto consapevole che per pagare avrebbe dovuto licenziare un suo dipendente, togliere ad una famiglia la possibilità di vivere dignitosamente e che questo sarebbe stato solo l’inizio: con il tempo la somma richiesta sarebbe aumentata e, poco alla volta, lui avrebbe finito per mantenere solo un controllo formale della sua attività che, di fatto, sarebbe stata gestita dai Giampà. Non si rassegnava poi a dover pagare gente che non lavorava per lui e che avrebbe usato i suoi soldi per comprare proiettili e bombe e non lo rincuorava il fatto che, come gli aveva confessato il boss, in via del Progresso pagavano tutti, dalla A alla Z. Si decise a parlarne in casa, per chiedere consiglio: lo sguardo di sua figlia, quegli occhi che gli chiedevano coraggio e coerenza con i valori di giustizia e di buona cittadinanza che le aveva insegnato, lo convinsero a denunciare i mafiosi. Rocco è stato il primo imprenditore calabrese ad accusare pubblicamente i suoi estorsori. Oggi, dopo aver rifiutato di vivere fuori regione e in località protetta, è sotto scorta e, alla fine della sua testimonianza, abbiamo anche scambiato qualche battuta con gli agenti che lo hanno accompagnato. Solo in casa può muoversi in autonomia; ci ha confidato che spesso rinuncia ad uscire e incontrare i suoi amici per non dare disturbo e lavoro extra agli agenti della scorta. Quando gli chiediamo come ha incontrato l’Associazione Libera tutto diventa più chiaro: ci racconta di essere cresciuto a Torino, dove i suoi genitori erano emigrati per non cedere alla logica mafiosa del suo paesino, dove chi non condivideva il modo di fare del sindaco non trovava lavoro né possibilità di sostentarsi. A Torino è entrato in contatto con il Gruppo Abele e ha incontrato per la prima volta don Luigi Ciotti. Sicuramente un’ esperienza che ha lasciato dei segni!
Rocco ci ha colpito molto per l’orgoglio che traspariva dalle sue parole e dal suo sguardo, orgoglio per la sua scelta e per il suo negozio ancora aperto senza pagare il pizzo … Per noi è stata, la sua, una grande lezione di vita.
Venerdì 28 luglio 2017
In questa giornata la sveglia suona per l’ultima volta alle 6, chiamandoci a cambiare abbigliamento velocemente e a scendere le scale mentre dalla vetrata filtrano le prime luci dell’alba. Dopo colazione, alle 7:10, il gruppo si divide i compiti per l’ultima volta: alcuni alla Cepa, altri in struttura per la corvèes , cioè per i lavori di riordino e pulizia, e poi per la preparazione della passata di pomodoro. I nostri compagni nei campi combattono ancora con fango, secchi, pale, rane e granchi. In mattinata il lavoro di pulitura della cisterna è concluso, così che la vasca viene nuovamente riempita d’acqua. Ai lavoratori affaticati e accaldati è concesso un tuffo refrigerante nella vasca per la quale hanno tanto sgobbato nei giorni antecedenti. Intanto, al campo, alcune di noi sono impegnate per la prima volta nella realizzazione della passata di pomodori, in aiuto dei nostri cuochi emiliani dello SPI. È un’esperienza nuova e divertente, ma finisce che ci sporchiamo e schizziamo. Iniziamo tagliando a pezzi i pomodori, poi li spremiamo e li mettiamo a cuocere in un grande pentolone. Proviamo anche a girarli con un grosso mestolo in legno, ma non abbiamo abbastanza forza nelle nostre braccia e così dobbiamo cedere il campo ai cuochi. Siamo più brave nelle fasi successive, ovvero nel mettere il pomodoro ormai cotto nel passapomodoro e nell’imbottigliare la salsa. Non avremmo mai detto che dietro la passata ci fosse un procedimento così lungo ed elaborato!
Dopo la spiaggia, il pranzo e il pisolo pomeridiano, nel pomeriggio ci rechiamo a Crotone, sfoggiando le magliette del campo. Qui conosciamo il coordinatore locale dell’emporio solidale I cinque pani, che ci racconta la storia e il funzionamento di questa struttura che offre aiuto a famiglie italiane e immigrate in difficoltà economica, permettendo loro di fare la spesa in un piccolo market senza casse. Dopo l’intervento del coordinatore incontriamo un gruppo di ragazzi di Carpi che sta partecipando ad un campo di E!State Liberi! con sede a Crotone. Sono giovani del presidio di Libera di questa cittadina emiliana, sono tutti maggiorenni, alcuni universitari o già laureati, e ci raccontano la loro settimana di formazione e impegno in terra di ‘Ndrangheta. Poi, insieme, raggiungiamo il lungomare di Crotone e passeggiamo fino ad arrivare davanti alla casa natia e alla statua di Rino Gaetano. Qui veniamo intercettati da un anziano del posto che ha conosciuto il noto cantautore calabrese; gentilissimo, si offre di raccontarci la storia del musicista e, addirittura, ci fa conoscere sua cugina che, proprio in quel momento, si trova a passare per l’ affollata via cittadina. In seguito alla sosta ci rechiamo in un parco cittadino, dove un gruppo di volontari tiene uno spettacolo per sensibilizzare sulle piaghe internazionali che affliggono l’umanità e fornisce servizio ristorazione. Dopo cena salutiamo il gruppo di Carpi e gironzoliamo un po’ sul lungomare concedendoci qualche piccolo peccato di gola. Alle 23 si torna a casa per dormire e per prepararsi psicologicamente all’ultimo giorno di campo.
Sabato 29 luglio 2017
Dopo una settimana in cui la sveglia è suonata alle sei, finalmente ci possiamo alzare alle otto, guadagnando due ore in più di riposo. Dopo esserci preparati e aver fatto colazione, ci trasferiamo sulle spiagge della località Le Castella, o meglio sugli scogli, dove facciamo il bagno, ci tuffiamo e un gruppetto affitta il pedalò. Arrivata l’ora di pranzo risaliamo sui pulmini per andare a Sovereto, su una delle dieci spiagge più belle d’Italia, famosa per i gigli bianchi che crescono nella sabbia. Alle spalle della pineta sorge un campeggio dove pranziamo e passiamo il pomeriggio in compagnia. Qui i nostri cuochi di fiducia ci servono la pasta fredda e della frutta per contrastare le alte temperature diurne. Nel pomeriggio alcuni si riversano su questa incantevole spiaggia, altri preferiscono dormire sulle amache o rilassarsi sulla terrazza. Verso il tardo pomeriggio, ci mettiamo a curiosare sulle bancarelle dove si vendono varie magliette fra cui quelle di Libera. Finito il breve shopping, recuperiamo le nostre cose e rientriamo in struttura per lavarci e iniziare a fare le valigie, perché domani è giorno di partenza. Verso le 20.30 l’ultima cena insieme …
Domenica 30 luglio 2017
I primi a partire, alle 5.00, sono i cuochi dello SPI e il gruppo di Firenze. Alle 8.00 arrivano i genitori di Claudia a prelevarla con il camper e per lei inizia un lungo viaggio che la condurrà fino in Sicilia. La nostra compagna è stata sfortunata: si è fatta male cadendo dalla bicicletta il primo giorno, mentre in gruppo raggiungevamo per la prima volta la spiaggia di Le Cannella. Ha riportato varie escoriazioni su braccia e gambe e, per tutta la durata del campo, non ha mai potuto entrare in mare o lavorare alla Cepa: per lei solo attività in struttura e lavoro di corvèes. È stata molto coraggiosa e paziente, la ammiriamo profondamente e con lei Antonella, che l’ha consolata, medicata e sostenuta per l’intera settimana. Verso le 10.00 arriva il nostro pullman a prelevarci. Gli ultimi a partire, dopo pranzo, saranno Chiara e Francesco, i due ragazzi di Lecce con cui abbiamo legato tantissimo: ci promettiamo di rivederci, li invitiamo a venirci a trovare … In fondo non può esserci troppa distanza fra due città che si chiamano Lecco e Lecce, non vi pare? Comunque alle lacrime non riusciamo a resistere e qualcuna scappa un po’ a tutti. Sull’autobus Daniele e Alice ci salutano con un lungo discorso di ringraziamento: loro scenderanno a Cropani Marina perché continueranno la vacanza al mare a casa di Daniele. Per tutti gli altri la meta è l’aeroporto di Lamezia Terme con destinazione Orio al Serio. Torniamo a casa, con tanto da raccontare, tanto su cui riflettere e, forse, con un pizzico di consapevolezza in più: siamo giovani ma anche noi possiamo fare la nostra parte perché il nostro Paese sia più libero e più giusto.
Autori: Carmen, Marta, Daniele, Alice, Alessia C., Alessia B., Alessia R., Maria, Claudia S., Gaia, Ginevra, Claudia B., Antonella, Giorgia, Martina, ovvero il gruppo del CPL di Lecco.